autore: Prof.Ugo Majone
Studio Maione Ingegneri Associati, Milano, Italia

Atti del Convegno LE ALLUVIONI IN ITALIA – Roma, 7-8 Maggio 2007

SOMMARIO:Nei giorni dal 17 al 19 luglio del 1987 la Valtellina fu investita da un violentissimo nubifragio causato da una pioggia che in un paio di giorni riversò nei punti più colpiti della valle oltre 600 mm d’acqua quasi un terzo di quella che nella stessa zona cade in media in un anno.

Nelle prime ore del 28 luglio, dal monte Zandila in Val Pola sito in destra idrografica pochi chilometri a valle di Bormio, si staccò una frana del volume di circa 30 milioni di m3 che occluse il corso dell’Adda creando un lago della capacità di circa 20 milioni di m3.
Furono sommersi dall’accumulo di detriti gli abitati di Morignone e S. Antonio Morignone per fortuna senza perdite di vite umane grazie all’intervento di Michele Presbitero che ne ordinò lo sgombero intuendo quello che poi si sarebbe verificato.
La presenza di un lago di così grande volume, sostenuto da una diga alta un centinaio di metri, provocò grande panico nelle popolazioni, consapevoli dei rischi che correva la valle se questa diga fosse crollata.

Quando si iniziò ad esaminare i gravi problemi che incombevano nella valle si presentarono alla memoria di chi si trovava sul posto i tanti disastri provocati dal crollo di dighe.
Un’altra situazione di rischio incombente esisteva anche per i territori situati a monte della Val Pola che sarebbero stati sommersi fino a Cepina ed oltre dall’onda a fronte ripido che, come accadde per il Vajont, si sarebbe formata e propagata oltre che verso valle, anche verso monte risalendo la valle per un lungo tratto.

L’esperienza vissuta dalla Commissione, battezzata poi “Commissione Valtellina”, è stata straordinaria, sia per l’assoluta novità delle situazioni che si trovò a dover affrontare quotidianamente – le quali richiedevano decisioni rapide e gravide d’incognite i cui esiti pertanto potevano essere anche negativi (il rimedio peggiore del male) – sia per la ricchezza degli rapporti umani, talvolta anche non facili, specie nei momenti in cui si scontravano vedute o interessi contrastanti: come ad esempio accadde quando si accese una violenta polemica che coinvolse coloro che erano favorevoli alla tracimazione forzata dell’accumulo e quelli che ne erano contrari.

Gli interventi decisi dalla Commissione Valtellina e messi in atto in pochi giorni per controllare le situazioni di rischio servirono ad allontanare in poco tempo la livida cappa che in quei giorni opprimeva la valle.

Questi interventi, sono risultati determinanti per la messa in sicurezza pressoché assoluta dei territori della Valtellina per oltre un ventennio; essi da soli o con modeste integrazioni potevano anche rappresentare la definitiva soluzione dei problemi determinati dalla frana della Val Pola se non vi fosse l’esigenza di sottrarre l’Adda all’attuale percorso sotterraneo restituendogli un alveo a cielo aperto.

La strategia della Commissione si basava su tre punti fondamentali:

  1. vuotare il lago prima che si compisse il suo riempimento onde evitare i rischi derivante dalla tracimazione dell’accumulo e della caduta nel lago di una nuova frana;
  2. ripristinare la continuità dell’Adda attraverso la costruzione di una o più gallerie di by-pass per mettere in sicurezza idraulica la zona fino al momento in cui si sarebbe progettata ed attuata la definitiva sistemazione dell’area colpita dalla frana;
  3. consolidare l’accumulo di frana con opere strutturali per renderlo resistente alle azioni esercitate dalle correnti idriche indotte dalla eventuale tracimazione dell’accumulo.