GIUSEPPE ZAMBERLETTI E LA FRANA DELLA VALPOLA

Autore: Marco Belicchi

L’Italia ha perso l’On. Giuseppe Zamberletti, “Padre” della Protezione Civile italiana:

1976 – nominato Commissario Straordinario per assicurare il coordinamento dei soccorsi in occasione del terribile evento sismico del Friuli;

1980 – ripete la stessa esperienza a seguito del sisma dell’Irpinia.

1981 – successivamente alla tragedia del piccolo Alfredino Rampi nel pozzo di Vermicino, l’On. Zamberletti verrà incaricato dal presidente della Repubblica, Sandro Pertini, di predisporre gli strumenti organizzativi della nuova protezione civile.

1982 – nominato Ministro per il coordinamento della protezione civile, diventa Capo del Dipartimento appena creato e che sarà istituzionalizzato solo dieci anni dopo con la legge 225/92.

1987 – evento alluvionale in Valtellina con la frana di Valpola  grazie ad un sistema di protezione civile evoluto per merito in particolare dell’on. Zamberletti l’Italia riuscì a far fronte alla drammatica situazione venutasi a creare.

La concezione attuale di Protezione Civile in Italia nasce in quegli anni e viene raccontata egregiamente in alcuni passi del libro “La frana della Valpola – Cronaca di una emergenza idrogeologica in Valtellina” scritto nel 2009 da Lunardi, Majone e Presbitero. Il libro raccoglie numerose testimonianze di chi si trovò a gestire una delle più gravi emergenze idrogeologiche italiane di tutti i tempi.

Tra le testimonianze particolarmente significative del libro sono presenti quelle dell’On. Zamberletti ed alle sue stesse parole affidiamo un ricordo riconoscente del suo lungimirante operato:

Pur nella drammaticità di quei giorni di luglio 1987 dalla testimonianza di Zamberletti traspare una sincera soddisfazione per il nuovo assetto che la Protezione civile stava assumendo: si era trattato, infatti, “… della prima vera applicazione sul campo delle forti novità che avevo introdotto nel sistema durante lo svolgimento del mio incarico di Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile…”. Inoltre, si trattò di un “…evento mediatico importantissimo, che avvicinò, stavolta in modo emotivamente positivo ed istruttivo la pubblica opinione al sistema di soccorso e protezione dei cittadini …”, seguito dai mezzi di comunicazione di massa con “… un’informazione esauriente, e perciò fortemente istruttiva, che riesce ad illustrare i più importanti aspetti culturali e di competenza tecnica che presiedono alle operazioni di protezione civile…”.

In Valtellina, con il “doppio evento” di luglio e di agosto, ricorda Zamberletti “per la prima volta, riuscivamo ad occuparci di proteggere e metter in salvo i vivi, più che a predisporci e attrezzarci per raccogliere morti, nel modo più svelto ed efficiente possibile: in fondo, per me significava il migliore compimento possibile del mio mandato. La Valtellina è poi anche la storia di una comunità scientifica finalmente aggregata alla protezione civile, con le scarpe nel fango, e non più chiusa nella comoda turris eburnea del mondo academico. E’ anche storia di decisioni sofferte, e storia di di istituzioni che in fondo sono rappresentate da uomini con tutti i loro dubbi e le loro debolezze …”. L’emergenza vissuta in Valtellina testimonia la “… storia di un sistema che in quella vicenda troverà motivi di profonda crescita spirituale e professionale”.

La “Commissione Valtellina”, nominata da Zamberletti e confermata dal ministro Gaspari a lui succeduto, era presieduta da Ugo Majone e composta da Lunardi, Govi, Siccardi, Mortara, Verde, Fiore: essa aveva il compito di “studiare i fenomeni ai fini della formulazione di proposte per l’attuazione dei provvedimenti di urgenza”.

Fu l’occasione di una “…straordinaria entrata in campo della comunità scientifica sullo scenario operativo degli eventi catastrofici e della loro mitigazione, con il ruolo preziosissimo svolto dagli esperti nell’individuare le tecniche da utilizzare e nell’incoraggiare le decisioni di protezione civile…”.

Press:

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